Ho lavorato nel mondo della scuola a lungo e approfonditamente. Nel 1999 ho ideato e avviato nelle scuole di un Comune nell’hinterland di Milano, un progetto denominato Progetto Comunicazione. Sono stata titolare sino al 2017 di un vero e proprio esperimento di comunità. Fare psicologia scolastica non a singhiozzo (come prevalentemente accade nella scuola italiana), ma in modo sistemico, continuativo e ad ampio respiro, vuol dire creare un modello d’eccellenza - che confina con la psicologia di Comunità - per la prevenzione primaria e secondaria del disagio in età evolutiva e adolescenziale e delle famiglie e sistemi scolastici, per l’educazione dei futuri uomini, per l’inclusione e l’integrazione delle differenze, per una genitorialità equilibrata e rispettosa dei figli e del “patto” con la scuola, per la crescita della cultura emotiva-affettiva e relazionale degli insegnanti e dirigenti scolastici, per una buona scuola, ma buona davvero!
Si puntano molto i riflettori sui bambini, adolescenti, in quanto alunni da regolare, normare, stimolare, indagare, classificare (DSA, BES, ADHD, soggetti fragili, soggetti ad alto funzionamento cognitivo, etc.). Sappiamo quanto le normative scolastiche, soprattutto negli ultimi due decenni, nel tentativo di dare sostegno e indirizzo alla complessità che avanza (sociale, culturale, neuro-psicologica, relazionale, comunicativa, dei nuovi media) abbiano indotto ad una visione alquanto distorta e frammentaria di chi sia e come vada “visto” l’alunno/a con delle problematicità o una classe con delle criticità; ma anche abbiamo assistito alla costruzione di procedure spesso difensive tra la scuola e le famiglie; ad uno svuotamento della funzione dell’insegnante; ad una certa instabilità nel sistema scolastico; a dei veri e propri paradossi normativi. Una questione tipica per esempio è: quale comunicazione attuare tra gli studenti ad alto imprinting tecnologico/nativi digitali e le generazioni di docenti invecchiati? Il mondo della scuola sembra rimasto annodato nel cappio di un restyling che non ha saputo gestire profondamente, consapevolmente e responsabilmente, ma che ha toccato solo la superficie. Spesso lo sguardo rimane puntato sull’alunno, ma poco ci si occupa del disagio, fatica, motivazione, formazione dei docenti, che finiscono per occuparsi degli aspetti didattico/educativi degli alunni spesso in forma difensiva e svuotata, dovendo infatti dare spazio soprattutto alle dimensioni procedurali (obiettivi curricolari, registri elettronici, compilazioni PDP, PEI, etc.) più che a quelle pedagogiche o relazionali o maieutiche. Che dire poi dei genitori e le fatiche con i figli del nuovo millennio? E del rapporto spesso problematico o frustrante con la scuola?
Ma la nuova sfida sarà soprattutto “Quale scuola è possibile all’epoca delle pandemie e dei terrorismi?” che ci orienta verso l’esigenza di “nuovi paradigmi dello stare insieme per crescere e studiare” e che sono tutti da creare per il nuovo scenario. Potranno la scuola, le famiglie e le istituzioni sociali occuparsi delle sole questioni di igiene, iperprotezione e controllo? A mio parere non potranno essere eluse tutte le questioni umane relative alla socializzazione e nuove affettività contemporanee.
Al di fuori delle collaborazioni dirette con le scuole, in studio mi occupo di consulenze e valutazioni psicologiche, interventi psico-educativi e supporto psicologico-psicoterapeutico relativamente alle problematiche che insorgono nei bambini, nei ragazzi a partire dall’esperienza di vita scolastica, sia nelle relazioni verticali con gli adulti (insegnanti ma anche genitori), che con i pari (problematiche di apprendimento, relazionali, bullismo anche digitale, sexting, orientamento scolastico-professionale, educazione all’affettività, sessualità e relazione). Tali interventi possono rivolgersi tanto ai genitori richiedenti, quanto coinvolgere più direttamente i bambini o ragazzi e/o la scuola stessa (se strategicamente e tecnicamente opportuno). Una parte importante del lavoro viene orientata a rinforzare/rimodellare l’alleanza scuola-famiglia e gli stili comunicativi.
Dr.ssa Marilena Pisciella
Psicologa Psicoterapeuta a Como
Psicologa Psicoterapeuta a Tavernerio COMO
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